Vita più che vera di Flavio
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Flavio Briatore nacque e crebbe in un paesino a 462 metri dal livello del mare. I gradini della sua vita furono in discesa, poiché lo condussero al mare: dei Caraibi, del Kenya, della Costa Smeralda.
Alla maturità presentò come tesina il progetto di una stalla. In seguito la leggenda volle che ne avesse disegnati anche i gradini. Non era vero. I gradini in discesa della sua vita li disegnò il mondo dei media, ed erano lastricati d’oro.
Fu un geometra, un miliardario, un allevatore di piloti, un esportatore di marchi, un benefattore, un malfattore, uno stakanovista, un libertino, un cuneese. Nelle corse automobilistiche ottenne coppe e vittorie, nelle partite a carte vittorie e denunce.
Dalle montagne piemontesi in cui era nato, Briatore scese sospinto dall’inquietudine. Come sant’Agostino, nella sua giovinezza commise peccati. Come sant’Agostino, si ravvide e disse: “Da giovani ci si può sbagliare. Ma poi ci si ravvede”.
Alla sua invenzione più famosa diede il nome di ciò che egli era: Billionaire. Quella costruzione fu paragonata da alcuni a un meccanismo infernale, da altri alle cerchie del Paradiso dantesco. Alla prima cerchia accedevano i poveri di spirito, per danzare. Alla seconda i ricchi, per mangiare. La terza era una piccola pista da ballo che si stringeva attorno al trono di Briatore.
Frequentò mafiosi e ministri, biscazzieri e artisti, fabbricanti di magliette e contrabbandieri di atomiche. Creò campioni come Schumacher e Alonso. Amò donne divine, come la Venere Nera, e piccole ninfe cui il suo tempo dava nome vallette.
Alla vigilia del 68, quando dormiva in sacco a pelo sulla spiaggia dell’Isola Rossa insieme ai suoi amici di Cuneo Peppo e Bobo, Briatore sognò vividamente le barche e le donne dei ricchi. I suoi sogni divennero realtà, e fu allora che i ricchi guardarono a lui, se pure da lontano: “Come quelli delle ville vicine osservavano il Grande Gatsby”, scrisse Carlo Rossella.
Ma Briatore era intimorito da quegli sguardi. Per questo, disse, portava sempre occhiali per difendersi.
Secondo Briatore i soldi servono a pagare i dottori.
Secondo Briatore, è una fortuna non nascere in Congo.
Secondo un biografo, Briatore portò alle estreme conseguenze la legge filosofica che viene chiamata rasoio di Occam: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, non bisogna presumere che esistano più cose del necessario. Secondo quel biografo, Briatore nella sua vita dimostrò che l’unica cosa necessaria è il denaro e tutte le altre sono solo delle derivate.
In realtà Briatore nella sua vita non dimostrò nulla e non portò alle estreme conseguenze nulla. Briatore non si attenne al principio aristotelico di Occam ma al principio epicureo enunciato da Orazio dell’aurea mediocritas: una mediocrità fatta d’oro.