Anaïs Nin, l'ultimo scandalo
Sesso, nevrosi e legami saffici in una tormentata ronda amorosa. E' il nuovo inedito della Venere della letteratura anni Trenta.
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Una tormentata ronda amorosa. Una strana mistura, dove l’elemento psicanalitico, frutto dell’esperienza diretta dell’autrice, è l’ingrediente essenziale di un almanacco dei sensi ambientato in una Parigi entredeux-guerres. Una lotta dei sessi. Un fogliettone scritto nell’America anni Quaranta, pubblicato a New York, oggi edito per la prima volta in Italia da Fazi. Si intitola Scale di fuoco. È l’inedita confessione di un’inquieta “diarista” dell’eros. Celebre e pruriginosa. Al secolo, Anaïs Nin, venere della letteratura a tinte forti degli anni Trenta. Natali francesi, cittadinanza americana, famiglia colta e borghese, molti uomini, tante donne. Due passioni: la perdizione e il successo. Da perseguire con determinazione.
Occhi verdi, profilo ieratico, un paio di plastiche in vecchiaia, una penna affilata, Anaïs Nin ha sospirato al mondo amori coniugali e coiti adulterini, legami perversi e incontri incestuosi. Vissuti nella vita quando ha potuto; e nella prosa, sempre e con passione. Debordante. Lo conferma il suo Diario di 15 mila cartelle edite a stralci da Bompiani tra il 1986 e il 1987, le righe scritte per un dollaro a pagina di Delta di Venere e ancora le annotazioni minime e dolenti narrate nell’Incesto. Quello consumato col padre dongiovanni. Vecchie storie. Per i suoi detrattori, il frutto della fantasia di un’incurabile bugiarda. Per gli estimatori, il dramma di una donna capace di sorprendente umorismo. Oggi con quest’opera breve, Anaïs, la prolifica e la scandalosa, torna a far parlare di sé. Con una nuova vicenda intrecciata nel suo più classico dei registri. «A voce alta, gestendo e passeggiando avanti e indietro, per fare impressione a qualcuno, per essere ammirata o commiserata, per destare stupore o emozione» come scrive al riguardo Natalia Ginzburg. «Da grande scrittrice» come sottolinea, dopo un incontro nell’America degli anni Sessanta, Fernanda Pivano, talent scout della beat generation. Altro genere, stessa passione. Jack Kerouac viaggia su strada. Nin tra i letti. Con pazienza e tenacia. Come nella scrittura. Con Scale di fuoco ci porta nella colonia americana insediata, nei primi anni Trenta, in una Parigi torbidamente abbozzata, con i suoi bordelli per invalidi e la sottile complicità verso tutti i vizi che gli yankee tendevano ad attribuirle. Lillian, alter ego dell'autrice, è una figura femminile in lotta con se stessa, con la solita educazione puritana da liquidare e il solito matrimonio fallito alle spalle. Ruotano intorno a lei due donne e un uomo, maschere neanche troppo dissimulate di Henry Miller e di sua moglie June da un lato, della fascinosa e altera scrittrice americana Djuna Barnes dall'altro. Di dieci anni più grande della Nin e (allora come ora) molto più quotata, esaltata da Eliot, la Barnes non vedeva di buon occhio l’adorazione entrante della suffragetta del sesso. La definiva «una specie di monella, a volte appiccicosa, che vede troppo, sa troppo, è intollerabile». L’amicizia femminile tra le due, simulata nel romanzo, appare, nella realtà, velleitaria. Scale di fuoco può essere letto anche come la cronaca di un'immaturità, per quanto condita da adulte crudezze: il legame saffico con Sabina, alias June Miller, il sesso orgiastico con il pittore Jay, alias Henry Miller, che, in perenne stato di ubriachezza, secondo il più puro stereotipo americano anni Trenta, passa indifferentemente dalle prostitute alle (sedicenti) intellettuali. Mentre la più autentica Djuna, subissata da Lillian di regali e attenzioni, si sottrae all’avidità e alle irrequietezze della protagonista in modo garbato quanto enigmatico. È così soprattutto l'Amore infantile di Jay a insediarsi «nel materno e virile corpo» di Lillian, la cui emancipazione imita l’uomo nella violenza della seduttività, come la maggior parte delle donne che in quell’epoca, scrive la Nin, «seguivano il modello maschile e non riuscivano a integrare dentro di se la propria parte femminile». E questa parte è rappresentata dalla sensualità di Sabina, femme fatale, ma spregiudicata fino alla crudeltà. Quale dei tre modelli di donna scegliere? È la domanda che il romanzo vorrebbe porre alle lettrici (e ai lettori, essendo anche un po’ voyeuristico). Ma la lettrice e il lettore di oggi tenderanno probabilmente a rispondere: nessuno. Perché tutti e tre i modelli sono così ingenuamente bohémien da destare oggi, anziché i turbamenti evocati dall’autrice, tutt’al più un indulgente sorriso. Ma attenzione, l’assoluzione è dietro l’angolo «Io sono la donna che dà illusioni, la puttana dà solo realtà». Cosi Anaïs. Ieri, oggi e domani.
Tutte le tappe (o quasi) di una donna con pochi segreti a tanti amori
Anaïs Nin, nonostante ne abbia collezionati molti, tra cui l'americana Erica Jong, non ha bisogno di biografi. Tutto quello che ha vissuto (e forse anche qualcosa di più) l’ha raccontato In prima persona. Senza censure. Dall'Incesto col padre all'unica gravidanza consumata in aborto. Caprioli dolenti di una vita tumultuosa. Padre spagnolo e madre franco danese, scrittrice precocissima, venere libertina, Anaïs Nin nasce a Parigi nel 1903. Ha undici anni quando lascia l'Europa per l'America. È durante questa traversata oceanica che darà inizio al suo interminabile Diario, nella forma di una lettera mal spedita al padre musicista. Lui l’ha appena abbandonata. Per lei è iI primo tradimento. L'incipit di un’autoconfessione, che la porterà al successo. Alia fine degli anni Venti Anaïs rientrerà in Francia. Bruna, occhi verdi, fisico da danzatrice, come ricorda nel suoi scritti, sposa a Parigi Hugh Cullar, il primo marito. Che presto la dividerà con Henry Miller e sua moglie June. Rispettivamente «La mia avventura, il mio amore», confiderà lei, tra parentesi di sesso violenta e oppio, soldi prestati e fughe improvvise. Sulla scena nel frattempo è entrato anche il dottor René Allendy, analista. Tra le righe Anaïs ne racconta la breve storia d’amore. Dal sesso incerto. Ingenuamente sadomaso. Grazie ad Allendy Anais conosce, sempre a Parigi, Antonin Artaud. «Magro, tirato, una faccia emaciata, con occhi ristorali». Impotente. Dopo Artaud, Otto Rank, freudiano doc. Dopo Bank, un altro elenco di uomini e donne. I primi libri. II successo. Anaïs vive tra gli Stati Uniti e la Francia. Cura il padre morente. Diventa lei stessa analista. Scrive. Scrive. E, ancora, scrive. Scrutando il pubblico in silenzio, firmando autografi, salutando il mondo nel 1977.