Storia e destino
Schiavone: la mente, non la natura, deciderà il futuro della nostra specie
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“Credo che la generazione cui appartengo e quella dei suoi figli saranno fra le ultime a fare i conti con l’esperienza della morte, almeno nei termini in cui la nostra specie l’ha incontrata finora”. A lanciare questa profezia non è uno scienziato pazzo né un guru new age, ma uno dei più sobri, autorevoli ed equilibrati storici contemporanei: Aldo Schiavone, che in Storia e destino (Einaudi, 109 pp., 8 euro), un libro “più leggero di una foglia”, reinterpreta in maniera sorprendente ciò che è stato, che è e che sarà.
Non è un saggio di storia né di filosofia né di divulgazione scientifica, ma una riflessione nata “al crocevia di conoscenze e tradizioni diverse”. La sua ampiezza di sguardo non sorprende considerata non solo la personalità dell’autore, ma anche la sua posizione al vertice del SUM, l’Istituto Italiane di Scienze Umane, rete di “scuole di eccellenza” ispirata al modello delle Grandes Ecoles francesi.
Il punto di partenza è la constatazione del nostro attuale “scacco cognitivo”. Se il “male che oscura e incupisce i nostri anni” è, secondo l’ex marxista Schiavone, la rimozione del futuro, di quel “sol dell’avvenire” che aveva irradiato l’umanità degli ultimi due secoli, oggi, dopo la caduta delle grandi ideologie progressiste, “possiamo finalmente misurarci con il grande vuoto che sta nascendo dentro di noi”.
E rovesciare lo stereotipo apocalittico e neodecadente di un futuro “abitato solo da minacce e mostri”, mostrando come invece sia in corso una “transizione rivoluzionaria, durante la quale il ritmo del cambiamento è così rapido e il suo impatto così profondo che l’intera umanità ne uscirà radicalmente trasformata”.
Perché in questi anni di declino dei saperi tradizionali - se non di interruzione della catena stessa di quella trasmissione del sapere che era rimasta immutata, come constata Schiavone, dal Medioevo al Sessantotto - l’innovazione umana ha raggiunto una massa critica oltre la quale la crescita “non è più intuitivamente lineare ma storicamente esponenziale”. Le conseguenze saranno dirompenti. Le basi naturali della nostra esistenza smetterano di essere un presupposto immodificabile, diventando invece “un risultato storicamente determinato della nostra cultura”.
Non solo, avverte Schiavone, si produrrà “il passaggio, nel controllo evolutivo della specie, dalla natura alla mente”, ma, dopo lo sfondamento della soglia dell’autocoscienza prodotto nel secolo scorso dalla psicoanalisi, un secondo grande slancio ci porterà, dopo millenni dominati dal dualismo anima-corpo, oltre i confini che la nostra storia evolutiva ci ha consentito finora di raggiungere: ci proietterà “oltre la specie”, a ricomporre, “dopo una frattura durata milioni di anni, storia evolutiva e storia dell’intelligenza”. Perché mai, del resto, “un pensiero in grado di vedere l’universo che nasce dovrebbe accettare di essere per sempre prigioniero di una forma corporea, biologica e anatomica, che lo vincola a inaudite costrizioni, quando potrebbe disfarsene?”.
E’ dunque in atto una sorta di grandioso “effetto reversivo” darwiniano, in cui la pressione evolutiva ha finito col selezionare una cultura capace di sostituirsi con la propria tecnica alla stessa selezione naturale che l’aveva prodotta. La vita “sta diventando davvero uno stato mentale”, il significato autentico del nostro presente è “la totalizzazione tecnica della natura”.
Storia e destino tocca una molteplicità di temi, dalla condizione femminile alla tutela del vivente non umano e alla progressiva vegetarianizzazione dell’umanità, dal riproporsi in nuovi termini del dilemma dell’uguaglianza nel mondo globalizzato al problema demografico al rischio climatico, dalla crisi della politica – analizzata alla luce della sua estromissione dal rapporto sempre piu’ esclusivo tra gli utenti della tecnica e la rete dei suoi poteri – all’analisi della nuova forma di impero mondiale che ci domina, in un’omologazione tecnica, economica e culturale che non va tuttavia moralisticamente giudicata.
Forse, però, la parte più coraggiosa di questa riflessione totalmente umanistica sul destino della nostra specie è l’appassionata perorazione della liceità etica del distacco dell’umano dalla naturalità della specie. Con autentico laicismo Schiavone sollecita la Chiesa a ritrarsi, dopo che dalla fisica e dalla cosmologia, anche dalla biologia: a non interferire nella ricerca e nella sperimentazione biotecnologica e bioinformatica. La rivoluzione in atto sta cancellando l’umana “minorità”, in vista di un futuro “dove tutto quel che tecnicamente si può fare sarà ammissibile”.
E’ duro, Schiavone, nell’interpretare in termini non di principio o di evangelizzazione, ma di puro potere l’intransigenza della Chiesa cattolica nel proteggere come mai in passato la generica sacralità della natura e della vita. Certo, l’eventualità che l’uomo attraverso la tecnica intervenga sul futuro della specie costringerebbe la Chiesa a una complicata operazione di riconversione culturale e ideologica. Proprio per questo, sarebbe utile, al suo interno, “un profeta in grado di anticipare il mutamento e di dargli regole e voce”.