Ipazia. Tanto rumore e lotte ideologiche per una prof di matematica
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La bella alessandrina, fatta a pezzi e bruciata dai seguaci del vescovo Cirillo, scrisse solo commenti a opere tecniche. La sua fama postuma è tutto merito della fine tragica
Ipazia. Un nome mantra. Ipazia, Ipazia, Ipazia... Da cui sgorga «un fiotto di un’espressa forza» (Mario Luzi), un’idea di “acutezza” ed “eminenza” (in greco hypate è un superlativo femminile derivato dalla preposizione hyper e anche la nota più alta della scala musicale). Per gli astronomi, è un asteroide (238 Ipazia),un craterelunare (Ipazia I e Ipazia II) o un sistema di depressioni lineari lungo un’insena - tura del Mare Tranquillitatis (le Rimae Hypatia); per i letterati, una delle città fantastiche di Italo Calvino. Ma, in generale, un simbolo, un’icona. Di mille cose diverse. Della laicità, del femminismo, della libertà di pensiero, della superiorità del paganesimo, della battaglia antipapista, della massoneria... E quindi: chi diavolo era la figlia del sapiente Teone, ultimo cattedratico del Museo? Una grande scienziata, una filosofa, una sacerdotessa e teurga, una strega o addirittura una santa cristiana? Storici, poeti e romanzieri l’hanno strumentalizzata e trasfigurata ad libitum. Tanto che districarsi tra interpolazioni e manipolazioni, iniziate fin da subito, è diventata un’impre - sa disperata. Lo ammette anche la bizantinista Silvia Ronchey, la quale, a dispetto del titolo del suo ben documentato saggio, Ipazia - La vera storia(Rizzoli,pp. 320,eu - ro 19), scrive chiaramente che la vicenda dell’alessandrina «non sarà mai interamente ricostruibile». Non conosceremo mai nemmeno il suo volto reale - se bruna e ambrata come un egizia o bionda e diafana come la dipinge il preraffaellita Mitchell. Tuttavia non per questo, armata di acribia filologica e di un solido metodo storico, rinuncia ad attaccare il mistero, eliminando le incrostazioni più grossolane. Un conflitto politico Così nella sua inchiesta divisa in tre sezioni (ma perché una “Docu - mentazione ragionata” al posto delle classiche e comode note?) la Ronchey prima chiarisce le linee principali dei fatti, essenzialmente politici (conflitto tra il papasCirillo e il laico augustalis Oreste, con la comunità ebraica di mezzo), che duta del terzo libro dell’Almagesto di Tolomeo all’interno del commento di Teone, sono semplici commenti tecnici, alle Coniche di Apollonio di Perga, all’Algebra di Diofanto e alle Tavole facilidi Tolomeo (è questa, con ogni probabilità, l’opera chiamata dalle fonti Ca - none astronomico). Nulla di originale: solo contributi elementari e pedagogici, addirittura, secondo Wilbur Knorr, indici di una «essentially trivial mind». Inoltre, le invenzioni di Ipazia, un astrolabio piatto, un idroscopio e un aerometro sarebbero, secondo l’opinione di molti scienziati di oggi, strumenti inutili, buoni giusto per la mantica. Il resto, a cominciare dal “sistema ipaziano” precursore di quello copernicano e dall’esistenza di opere perdute o conservate anonime o sotto falso nome, sono illazioni o congetture, se non veri e propri deliri di improbabili cultrici deifema - le studies e «di storici della scienza disinformati e disinformanti». Le lezioni esoteriche Certo, oltre all’insegnamento essoterico, ne esisteva anche uno esoterico, impartito nella sua abitazione privata a studenti selezionati (un cenacolo di iniziati) e testimoniato dal suo devoto allievo Sinesio. Roba connessa con il sacro, la conoscenza del divino, l’occulto, la Tradizione, senza dubbio importante, come tiene a sottolineare la Ronchey, per la linea sotterranea del platonismo che, attraverso il millennio bizantino, arriverà al nostro Umanesimo e Rinascimento, ma comunque roba che ci porta mille miglia lontano dall’idealizza - ta figura del «Galileo in gonnella». Davvero quindi, senza nulla togliere alla barbarie del «sacrificio» di Ipazia, vittima innocente di uno scontro di potere tra Stato e Chiesa, si può dire, con John M. Rist, che solo la sua terribile morte «le assicurò una gloria postuma che i suoi risultati filosofici non le avrebbero mai garantito». portarono nel marzo del 415 al linciaggio di Ipazia, tirata giù dalla carrozza, spogliata nuda, scorticata con cocci aguzzi (o fatta a pezzi o smembrata in forma rituale), privata ancora viva degli occhi e in ultimo data alle fiamme dai paraba - lani, monaci scesi dai monti di Nitria e manovrati dal «geloso zelo» del vescovo. Quindi passa in rassegna il suo oltrevita nella modernità, cartina al tornasole delle varie militanze politico-culturali degli esegeti, dal deismo di John Toland fino alle critiche moderniste all’ala tradizionalista della Chiesa di oggi. E infine cerca di interpretare i fatti, a partire dalle testimonianze più antiche (Socrate Scolastico, Filostorgio, Esichio di Mileto, Damascio e il vescovo copto Giovanni di Nikiu). Il capitolo più importante del libro è forse quello intitolato “Che cosa insegnava Ipazia?”, da cui emerge come, in fondo, avesse ragione Edward Morgan Foster, nella sua celebre guida di Alessandria, a definirla «una signora di mezza età che insegnava matematica... non una figura di grande rilievo». Nata intorno al 370, aristocratica fino al midollo (altro che cinica con indosso il tribon), ascetica se non addirittura vergine (per respingere un allievo troppo passionale, racconta Damascio, gli parò davanti un panno intriso di sangue mestruale dicendogli: «In definitiva è di questo, ragazzino, che ti sei innamorato, di niente di sublime»), Ipazia nelle sue lezioni ufficiali insegnava matematica, geometria e astronomia e i rudimenti dei classici, come Platone e Aristotele, e dei neoplatonici. Tutto qui. I suoi libri, a parte l’edizione riveduta del terzo libro dell’Almagesto di Tolomeo all’interno del commento di Teone, sono semplici commenti tecnici, alle Coniche di Apollonio di Perga, all’Algebra di Diofanto e alle Tavole facilidi Tolomeo (è questa, con ogni probabilità, l’opera chiamata dalle fonti Ca - none astronomico). Nulla di originale: solo contributi elementari e pedagogici, addirittura, secondo Wilbur Knorr, indici di una «essentially trivial mind». Inoltre, le invenzioni di Ipazia, un astrolabio piatto, un idroscopio e un aerometro sarebbero, secondo l’opinione di molti scienziati di oggi, strumenti inutili, buoni giusto per la mantica. Il resto, a cominciare dal “sistema ipaziano” precursore di quello copernicano e dall’esistenza di opere perdute o conservate anonime o sotto falso nome, sono illazioni o congetture, se non veri e propri deliri di improbabili cultrici deifema - le studies e «di storici della scienza disinformati e disinformanti». Le lezioni esoteriche Certo, oltre all’insegnamento essoterico, ne esisteva anche uno esoterico, impartito nella sua abitazione privata a studenti selezionati (un cenacolo di iniziati) e testimoniato dal suo devoto allievo Sinesio. Roba connessa con il sacro, la conoscenza del divino, l’occulto, la Tradizione, senza dubbio importante, come tiene a sottolineare la Ronchey, per la linea sotterranea del platonismo che, attraverso il millennio bizantino, arriverà al nostro Umanesimo e Rinascimento, ma comunque roba che ci porta mille miglia lontano dall’idealizza - ta figura del «Galileo in gonnella». Davvero quindi, senza nulla togliere alla barbarie del «sacrificio» di Ipazia, vittima innocente di uno scontro di potere tra Stato e Chiesa, si può dire, con John M. Rist, che solo la sua terribile morte «le assicurò una gloria postuma che i suoi risultati filosofici non le avrebbero mai garantito».