Nel segno di Afrodite
Poiché siamo a ridosso delle feste di fine anno - e quindi in un classico frangente di sbandamento emotivo - vorrei proporre la lettura di un testo eccentrico e illuminante su quelli che sono i temi e i nodi in cui ogni uomo di cosiddetta buona volontà non può fare a meno di incappare, prima o poi: la bellezza, l'amore e in definitiva il desiderio. Il testo si intitola 'La giustizia di Afrodite'(troverete anche a fronte l'originale inglese, 'Aphrodite's Justice'), ne è autore l'inclassificabile psicologo-filosofo americano James Hillman (Edizioni La Conchiglia, pp. 81, e 12), tradotto e annotato da Silvia Ronchey.
Da sempre, secondo Hillman, i doni di Afrodite sono considerati, nel nostro ordine culturale, come qualcosa di vano, la bellezza non essendo contemplata da qualsivoglia discorso sulla psicologia. E anzi godendo di uno statuto - quello dell'estetica - per definizione svincolato dall'etica. Bellezza e bontà, dopo il tramonto del pensiero greco, si sono in altri termini scisse, svincolate l'una dall'altra, dando luogo a quella che è oggi la nostra esperienza di individui incapaci di restituire al desiderio altra funzione che non sia quella della trasgressione dell'ordine e della giustizia.
Hillman ha una straordinaria capacità di maneggiare i classici del pensiero precristiano e i loro miti, rivitalizzandoli con una brillantezza e vivacità di immagini davvero straordinarie. E conclude, per nostra fin qui ignara e felice intuizione, che forse l'unica strada onesta verso la verità è quella che passa per il piacere dei sensi.