Sessanta vite d’autore
Non dovrei dirlo perché per ragioni “professionali” sono un lettore di narrativa italiana contemporanea. Però a volte provo una vera insofferenza verso il romanzo, oggi un genere editorial commerciale più che letterario. Ogni giorno escono nel nostro Paese 41 romanzi! Almeno la metà sono italiani, e di questi gli esordienti costituiscono una bella fetta. Una selva oscura e fittissima in cui si rischia di smarrirsi. Dunque quando mi imbatto in un libro poco classificabile, “di confine”, a metà tra saggistica, narrativa, autobiografia, e che risponde più a una reale motivazione conoscitiva e meno al bisogno di apparire, mi sembra di tirare una boccata d’aria.
Questo è il caso de Il guscio della tartaruga di Silvia Ronchey (Nottetempo). Si tratta di 65 ritratti di donne e uomini illustri. Voci personalissime - precise e stralunate - di un’immaginaria enciclopedia pop, pagine di un album di incontri, manuale di storia delle idee attraverso le vite. Fra antichità classica e modernità, si spazia con aerea competenza e un certo gusto della messincena - rigorosamente in ordine alfabetico - da Agostino, Balzac, Borges, Catullo, Freud, Kerouac, Nietzsche, Pitagora a Saffo, Shopenhauer, Verlaine e Zenone di Cipro. Confesso di invidiare un po’ l’autrice perché la ritrattistica psico morale è un genere ricco di implicazioni e possibilità A volte ci basta descrivere qualcuno, anche vissuto 2.500 anni fa, per parlare di noi, per affrontare i dilemmi del nostro tempo. Mi soffermo solo su due ritratti. Il grande Luciano di Samosata, «osservatore della stupidità del mondo, della vacuità delle sue fedi, della vanitosa malafede di quanti vi sono incoronati sapienti», poi sbranato dai cani per il suo ateismo. Pensatore avversato e anche molto amato, è di una attualità quasi imbarazzante: prese in giro i concorsi a cattedra creati ad Atene da Marco Aurelio, che tra l’altro privilegiavano i concorrenti filosofi dalla folta barba… «Seppe mescolare così bene le cose serie alle prese in giro e le prese in giro alle cose serie, e dire la verità ridendo e ridere del dire la verità» che i suoi dialoghi satirici, a imitazione di quelli socratici, sono insuperabili. Accidenti. Se Luciano fosse redivivo - una caratteristica di questi ritratti è che l’autrice sembra parlare di persone conosciute personalmente - e fondasse un partito mi iscriverei subito.
L’altro riguarda Voltaire, piccolo e magro, con un lungo naso e occhi arguti. Anche lui, come Luciano, stigmatizzò l’intolleranza dei religiosi, ossessionati dall’idea di dover convertire tutti gli altri. Per lui la cosa più difficile è saper congiungere ragione ed entusiasmo. Solo la poesia riesce a realizzare la condizione perfetta: un “entusiasmo ragionevole”. Nella nota di Ginevra Bompiani, editore del libro, si dice che tutte le vite hanno un segreto, che consiste nel guscio della tartaruga, che ricopre e illustra il corpo, senza aderirvi. Certo, la verità è nascosta in superficie e, come sapeva Aristotele, l’anima non è che la forma del corpo. Dunque occorre descrivere bene le superfici per decifrarne il mistero.